Il mio sogno, quello che è stato di sempre, ora è qui, immensamente più forte e smisuratamente più reale. Alle spalle ho il mio grande camino, ben infuocato e scoppiettante delle pigne che raccolgo nel mio bosco appena adiacente la mia casa. Alla sinistra la mia amata finestra, un occhio del casolare che guarda verso una fantastica, selvaggia vallata. Nelle giornate terse la visione è paradisiaca: si riesce a spaziare con la vista sino alle montagne, ora completamente innevate. Sopra il mio tavolo... c’è un gran casino: del pane spezzettato, una mezza forma di formaggio scavato, una pentolaccia di terracotta fino a poco fà piena di minestra di ceci, uno spezzone di salame addentato, spezie varie, il mio fido coltellaccio da montagna, dei fogli di carta per appunti oramai con più appunti che carta, una matita ridotta ai minimi termini. Ed il mio portatile, un lucido ed inviolabile super potenziato Macintosh. Vissuto e moderno, rustico e tecnologico. Binomi che mi piacciono, mi eccitano. Mi alzo un momento, per sgranchirmi le gambe e la schiena. Sono ore che sto seduto davanti al mio tavolo, davanti al mio computer, guardando di tanto in tanto fuori dalla mia finestra i miei alberi, il mio vento, il passare del mio tempo, quello meteorologico e.. anche quello che di giorno in giorno inesorabilmente è sempre più ridotto. Questo non mi ha mai spaventato, considerato che è una vita che lotto a braccio di ferro con la Vecchia Signora. Casomai il fatto mi fa incazzare!
Qui tutto è "mio", materiale ed immateriale, una sensazione che nella vita di città non è possibile saggiare.
Prima di trovare questo mio paradiso, neanche nel sogno più fantasioso avrei immaginato che ciò che ora sto vivendo potesse somigliare ad una realtà. Madre natura ci ha creato liberi ed in sintonia con essa. Noi uomini "civili" abbiamo invece sovvertito questa condizione, allontanandoci fin quasi a temere la natura. Sì, anche tu! Tu che stai leggendo questo blog, hai mai pensato di alzarti dal letto in piena notte ed uscire dalla tua casa di città ed addentrarti nel primo boschetto rintracciabile? Ammesso e non concesso che in una tua notte insonne un vago desiderio simile ti sia balenato per la mente, so benissimo, da ex cittadino, quali e quanti problemi ti porterebbero a rinunciare a questa folle avventura. Primo problema sono coloro che potrebbero vivere con te. Un genitore, una moglie o marito, un figlio (no, tralasciamo le più elastiche, giovani menti) che ti vedono vestire e si sentono salutare con un: "Dormi, dormi. Torno fra un po’! Faccio un giro nel parco. Sai, il tempo di rilassarmi!". Ti prendono per matto. Secondo problema - fregandotene del primo - sarà quello di prendere necessariamente l’auto per arrivare ad un boschetto o parco che si rispetti. Ma dove avrai lasciato ieri sera la tua luccicante berlina? Cazzo: nel garage! Sono, ipotiziamo, le due e mezzo. Tutti i condòmini, è una certezza, dormono, a parte qualche insonne come te che, però, al bosco proprio non ci pensa minimamente. Va bene. Ammettiamo che decidi di rischiare l’indomani linciaggio condominale. Scendi nel garage, alzi quella maledetta cigolante serranda, metti in moto producendo echi di rombo bestiali per tutti i sei piani del palazzo, innesti la marcia e vai. Sei fuori, grondante di sudore, ma sei fuori, ad un passo dalla tua agognata passeggiata notturna. Problema terzo, il più importante, è quello di trovare quelle condizioni ideali per vivere una esperienza notturna a contatto con la natura. Il parco vicino casa? Neanche a pensarci. Girano più beoni e tossici che non viaggiatori alla stazione di Milano. Il bosco più vicino è quello di, insomma quello lì. Decidi per questo. Ti è sempre piaciuto quel posto, sin da bambino in cui ci andavi con la tua famiglia tutti i ferragosto e trascorrevi la giornata giocando con altri bambini a nascondino o al classico guardia e ladri. E’ un posto familiare, rilassante, rassicurante. Diciamo che raggiungi il confine del boschetto dopo una mezz’ora. Scendi dall’auto. Ti guardi attorno. Quel silenzio non lo ricordavi. Un silenzio inquietante! Quell’oscurità non la ricordavi. Un’oscurità opprimente! Quella solitudine non la ricordavi. Una solitudine deprimente! Il solo pensiero di sforare il confine tra la strada statale ed il bosco ti terrorizza. Solo il pensiero di avvicinarti a quel luogo così ostile e diverso dal tuo habitat ti provoca brividi di paura.
Risali in auto e te ne ritorni a casa, convinto che i tuoi familiari avevano ragione.
Sciocco, cieco, sordo, pavido umano. Anche io ero come te. Poi! Qui, da dove ora sto scrivendo, immerso tra le meravigliose colline di questa fantastica regione, ho iniziato a conoscere il senso della nostra esistenza, sentire quello che non siamo più abituati a sentire, vedere l’invisibile, comprendere i semplici meccanismi della vita, accettare l’inaccettabile e l’incomprensibile di tutte le cose che ci circondano e che viviamo. Anche la nostra più ancestrale paura.
Guarda caso, sono tornato, da poco, da un’escursione notturna, che mi sono goduto insieme al mio dolce Billo, il mio meraviglioso bastardino. Non più di due ore fa ero a letto. Non per insonnia da brutti pensieri ma proprio per desiderio di farlo, mi sono alzato, vestito alla bell’emmeglio con jeans, magliaccia, giaccone e scarponi, ho fatto un fischio al "bastardo dentro e fuori" e sono uscito da quell’uscio, che mai chiudo a chiave, per ritrovarmi a solo poche decine di metri da quel bosco che lambisce questa vecchia, vissuta, viva casa colonica.
Le prime volte che mi accadeva di passeggiare nella notte, non ero così attento da accorgermi di quanto oggi, invece, sono in grado di vedere e sentire. Oggi sento che il silenzio della notte non è proprio silenzio: è un fracasso di richiami di uccelli, di zampette che scavano, di ali che strusciano, di foglie che sventolano, di rami che sbattono, di vento che fischia. Ma quale silenzio! Oggi vedo che l’oscurità della notte non è proprio oscurità: è una esplosione di brillanti, quando il cielo è stellato, è un bagno di bianco, quando c’è la Luna, è un vorticare di fiamme, quando volano le lucciole. Ma quale oscurità! Oggi avverto che la solitudine della notte non è proprio solitudine: è un continuo fruscio di esseri viventi che corrono, che si arrampicano, che scappano, che lavorano, che cacciano. Ma quale solitudine!
Tutte queste sensazioni, ogni uomo dovrebbe ri/provarle, per riuscire o tentare di dare alla vita quel -pur minimo - significato che tutti cerchiamo dalla notte dei tempi.
Mi sento fortunato! Fortunato di avere avuto in dono dalla vita il coraggio di cambiare pagine della mia storia che non mi si addicevano, ma che per tanto, troppo tempo ho dovuto vivere. Mi sento fortunato nell’avere conquistato, oggi, una buona malleabilità nel pensare e quindi nel vivere, nell’accettare l’imponderabile, nel cogliere il comprensibile fregandomene di cercare di comprendere l’incomprensibile.
mercoledì 18 giugno 2008
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