mercoledì 18 giugno 2008

Viaggio nella notte

Il mio sogno, quello che è stato di sempre, ora è qui, immensamente più forte e smisuratamente più reale. Alle spalle ho il mio grande camino, ben infuocato e scoppiettante delle pigne che raccolgo nel mio bosco appena adiacente la mia casa. Alla sinistra la mia amata finestra, un occhio del casolare che guarda verso una fantastica, selvaggia vallata. Nelle giornate terse la visione è paradisiaca: si riesce a spaziare con la vista sino alle montagne, ora completamente innevate. Sopra il mio tavolo... c’è un gran casino: del pane spezzettato, una mezza forma di formaggio scavato, una pentolaccia di terracotta fino a poco fà piena di minestra di ceci, uno spezzone di salame addentato, spezie varie, il mio fido coltellaccio da montagna, dei fogli di carta per appunti oramai con più appunti che carta, una matita ridotta ai minimi termini. Ed il mio portatile, un lucido ed inviolabile super potenziato Macintosh. Vissuto e moderno, rustico e tecnologico. Binomi che mi piacciono, mi eccitano. Mi alzo un momento, per sgranchirmi le gambe e la schiena. Sono ore che sto seduto davanti al mio tavolo, davanti al mio computer, guardando di tanto in tanto fuori dalla mia finestra i miei alberi, il mio vento, il passare del mio tempo, quello meteorologico e.. anche quello che di giorno in giorno inesorabilmente è sempre più ridotto. Questo non mi ha mai spaventato, considerato che è una vita che lotto a braccio di ferro con la Vecchia Signora. Casomai il fatto mi fa incazzare!
Qui tutto è "mio", materiale ed immateriale, una sensazione che nella vita di città non è possibile saggiare.
Prima di trovare questo mio paradiso, neanche nel sogno più fantasioso avrei immaginato che ciò che ora sto vivendo potesse somigliare ad una realtà. Madre natura ci ha creato liberi ed in sintonia con essa. Noi uomini "civili" abbiamo invece sovvertito questa condizione, allontanandoci fin quasi a temere la natura. Sì, anche tu! Tu che stai leggendo questo blog, hai mai pensato di alzarti dal letto in piena notte ed uscire dalla tua casa di città ed addentrarti nel primo boschetto rintracciabile? Ammesso e non concesso che in una tua notte insonne un vago desiderio simile ti sia balenato per la mente, so benissimo, da ex cittadino, quali e quanti problemi ti porterebbero a rinunciare a questa folle avventura. Primo problema sono coloro che potrebbero vivere con te. Un genitore, una moglie o marito, un figlio (no, tralasciamo le più elastiche, giovani menti) che ti vedono vestire e si sentono salutare con un: "Dormi, dormi. Torno fra un po’! Faccio un giro nel parco. Sai, il tempo di rilassarmi!". Ti prendono per matto. Secondo problema - fregandotene del primo - sarà quello di prendere necessariamente l’auto per arrivare ad un boschetto o parco che si rispetti. Ma dove avrai lasciato ieri sera la tua luccicante berlina? Cazzo: nel garage! Sono, ipotiziamo, le due e mezzo. Tutti i condòmini, è una certezza, dormono, a parte qualche insonne come te che, però, al bosco proprio non ci pensa minimamente. Va bene. Ammettiamo che decidi di rischiare l’indomani linciaggio condominale. Scendi nel garage, alzi quella maledetta cigolante serranda, metti in moto producendo echi di rombo bestiali per tutti i sei piani del palazzo, innesti la marcia e vai. Sei fuori, grondante di sudore, ma sei fuori, ad un passo dalla tua agognata passeggiata notturna. Problema terzo, il più importante, è quello di trovare quelle condizioni ideali per vivere una esperienza notturna a contatto con la natura. Il parco vicino casa? Neanche a pensarci. Girano più beoni e tossici che non viaggiatori alla stazione di Milano. Il bosco più vicino è quello di, insomma quello lì. Decidi per questo. Ti è sempre piaciuto quel posto, sin da bambino in cui ci andavi con la tua famiglia tutti i ferragosto e trascorrevi la giornata giocando con altri bambini a nascondino o al classico guardia e ladri. E’ un posto familiare, rilassante, rassicurante. Diciamo che raggiungi il confine del boschetto dopo una mezz’ora. Scendi dall’auto. Ti guardi attorno. Quel silenzio non lo ricordavi. Un silenzio inquietante! Quell’oscurità non la ricordavi. Un’oscurità opprimente! Quella solitudine non la ricordavi. Una solitudine deprimente! Il solo pensiero di sforare il confine tra la strada statale ed il bosco ti terrorizza. Solo il pensiero di avvicinarti a quel luogo così ostile e diverso dal tuo habitat ti provoca brividi di paura.
Risali in auto e te ne ritorni a casa, convinto che i tuoi familiari avevano ragione.
Sciocco, cieco, sordo, pavido umano. Anche io ero come te. Poi! Qui, da dove ora sto scrivendo, immerso tra le meravigliose colline di questa fantastica regione, ho iniziato a conoscere il senso della nostra esistenza, sentire quello che non siamo più abituati a sentire, vedere l’invisibile, comprendere i semplici meccanismi della vita, accettare l’inaccettabile e l’incomprensibile di tutte le cose che ci circondano e che viviamo. Anche la nostra più ancestrale paura.
Guarda caso, sono tornato, da poco, da un’escursione notturna, che mi sono goduto insieme al mio dolce Billo, il mio meraviglioso bastardino. Non più di due ore fa ero a letto. Non per insonnia da brutti pensieri ma proprio per desiderio di farlo, mi sono alzato, vestito alla bell’emmeglio con jeans, magliaccia, giaccone e scarponi, ho fatto un fischio al "bastardo dentro e fuori" e sono uscito da quell’uscio, che mai chiudo a chiave, per ritrovarmi a solo poche decine di metri da quel bosco che lambisce questa vecchia, vissuta, viva casa colonica.
Le prime volte che mi accadeva di passeggiare nella notte, non ero così attento da accorgermi di quanto oggi, invece, sono in grado di vedere e sentire. Oggi sento che il silenzio della notte non è proprio silenzio: è un fracasso di richiami di uccelli, di zampette che scavano, di ali che strusciano, di foglie che sventolano, di rami che sbattono, di vento che fischia. Ma quale silenzio! Oggi vedo che l’oscurità della notte non è proprio oscurità: è una esplosione di brillanti, quando il cielo è stellato, è un bagno di bianco, quando c’è la Luna, è un vorticare di fiamme, quando volano le lucciole. Ma quale oscurità! Oggi avverto che la solitudine della notte non è proprio solitudine: è un continuo fruscio di esseri viventi che corrono, che si arrampicano, che scappano, che lavorano, che cacciano. Ma quale solitudine!
Tutte queste sensazioni, ogni uomo dovrebbe ri/provarle, per riuscire o tentare di dare alla vita quel -pur minimo - significato che tutti cerchiamo dalla notte dei tempi.
Mi sento fortunato! Fortunato di avere avuto in dono dalla vita il coraggio di cambiare pagine della mia storia che non mi si addicevano, ma che per tanto, troppo tempo ho dovuto vivere. Mi sento fortunato nell’avere conquistato, oggi, una buona malleabilità nel pensare e quindi nel vivere, nell’accettare l’imponderabile, nel cogliere il comprensibile fregandomene di cercare di comprendere l’incomprensibile.

martedì 8 aprile 2008

Ancona sempre più in degrado




Amo così tanto la mia città, come una creatura... che nel viverla giornalmente mi vergogno di farne parte, di essere un anconitano. Mi vergogno di avere un'amministrazione, non disattenta ai problemi della città, ma alla sua inefficenza a gestirla, a renderla viva, bella, appetibile a un turismo che non è mai esistito. Mi sconvolge, invece, la grande capacità di questa amministrazione del suo saper trovare soluzioni assurde, brutte, incomprensibili, inadeguate in tutto ciò che prova a creare. Un esempio per tutti? Mi sono domandato diecimila volte chi è il fornitore delle panchine del nostro comune e chi sceglie le panchine per le nostre misere piazze: sono le panchine più sfigate, scomode, antiestetiche che abbia mai visto in tutta italia. Mi fermo qui. Le cose più impegnate, dagli arredi urbani alla pulizia, dalla gestione dei giardini ai bivacchi dei barboni, dalla invivibilità del centro causato dall'assurda isola pedonale alla invivibilità delle periferie che sono diventate isole ghettizzate, alcune di queste cose le denuncio con esplicative immagini. Ancona potrebbe essere un gioiello di città, una bomboniera italiana. Vorrei tanto sapere quali interessi economici, politici e di potere possono spingere, in passato emeriti sconosciuti poi assurti a "nostri" amministratori, a distruggere tali beni. Danaro e potere teneteli, ma rispettando gli altri. Rispettando voi, o massa gelatinosa di pseudo amministratori.

venerdì 1 febbraio 2008

Ma siamo diventati pazzi?

In Inghilterra, nelle sQuole, vogliono abolire i termini PAPA' E MAMMA per rispettare il mondo gay. Ma siamo diventati veramente tutti matti? Sovvertire l'ordine delle cose naturali, questa è mancanza di rispetto. Personalmente non ho niente contro i gay. Ho amici ed amiche gay che rispetto ed amo, per la loro sensibilità, disponibilità al dialogo e umanità. No, ce l'ho con quella classe politica "perversa" che per una manciata di voti (che non è proprio una manciata ma una consistente fetta numerica) sputtanano le regole della vita. PAPA' e MAMMA esistono dall'alba dei tempi. Senza PAPA' e MAMMA non ci sarebbero i figli. I figli DEVONO urlare sempre e forte il nome dei possessori di ciò che li ha creati, delle loro radici, i possessori di un pisello e di una rosa (che per non essere troppo fine non chiamo pene e vulva o per non essere troppo volgare non uso cazzo e fica... ma questi sono).
Anche un gay proviene da questa unione naturale. Anche quegli stronzi di politici sovversivi, purtroppo, provengono da questa unione di pene e vulva. Purtroppo, a questi è rimasta una tara, quella dei testa di cazzo.
Perdonate la scurrilità dei termini, ma credetemi, sono incazzato come una bestia. E chi mi conosce sa quanto ce ne vuole per farmi esplodere.
Vi prego, rispondete a questo blog. Non fatemi sentire solo in questa gabbia di pazzi.
Viva le MAMME (la mia l'ho persa) e viva i PAPA'. Questo bisogna insegnare a sQuola, o voi pessimi pedagoghi britannici.

lunedì 21 gennaio 2008

Ancona come il “Gioco dell’Oca”

Divertente, esilarante, ricreativa, vivace, corroborante, salutare... l’entrare in Ancona con l’auto. Sembra di essere parte integrante del cartellone del “Gioco dell’Oca”. Chi non lo conosce? Beh, se non l’avete mai giocato, entrare in Ancona con l’auto equivale a partecipare al “Gioco dell’Oca” più complesso mai creato da mente umana.
Sì, perché in una città, volenti o nolenti, qualche volta ci si deve avventurare con l’automobile. Magari per portare i figli a scuola, per ritirare compere, per andare dal medico, dall’avvocato, dal commercialista, semplicemente per rientrare a casa, oppure... (segue lista quasi infinita). No, vi prego, non citatemi quella banale frase: “Ma vacci in autobus, al centro! Ci sono o no i parcheggi scambiatori?”. E già, come fosse la soluzione al problema o la panacea ai mali stradali. Ma, diamine, io dovrei spendere due ore (se va bene) del mio permesso di lavoro o del mio ristretto tempo di papy o mamy-sitter per quei pochi secondi che ci vorrebbero ad espletare una commissione? E chi ho ammazzato, io, tapino cittadino?
Sapete qual’è l’assurdo di questa rimostranza? E’ che colui che la scrive è un residente del centro storico, che colui che la scrive dovrebbe essere soddisfatto di ritrovarsi un corso senza auto, un corso senza smog (solo Corso Garibaldi, perché il resto della città è divenuta una bolgia dantesca, fra caos e CO2).
Ed invece volete sapere cosa ne pensa, colui che sta scrivendo, di quello che i nostri amministratori ci hanno “ordinato” di sposare come “inevitabile” e “civile” stato di cose? No, meglio che non lo dica! Però, posso enunciare alcuni fattori: 1) CORSO GARIBALDI sembra essere divenuto il Deserto dei Tartari, una landa desolata sei giorni su sette (guarda caso il sottoscritto ha il suo ufficio in Corso Garibaldi, per cui giornalmente cònstata il fatto); una triste landa, oggi visibilmente disseminata di camioncini, auto da trasporto, et similia che caricano e scaricano in continuazione le merci delle attività di tutta la zona (più che isola pedonale sarebbe da definire “isola camionabile”); 2) CORSO STAMIRA è una scia di smog a triplo senso di marcia, una via divenuta pericolosissima da attraversare; pericolosa ed inutile, perché non vi si accede da e non porta in nessuna parte strategica della città
3) la GALLERIA S. MARTINO è una pompa che soffia auto verso la città, senza mai aspirarne per liberarla; 4) della VIA S. MARTINO che conduce alla Galleria del Risorgimento è meglio non parlarne; Dario Argento non avrebbe potuto ideare scene di traffico urbano più inquietanti: 5) i PARCHEGGHI SOTTERRANEI sono delle sanguisughe... anzi eurosughe (indegna e vergognosa gabella!); 6) la oramai famosissima VIA PODESTI, fino a ieri vicolo neanche contemplato nelle piantine dei navigatori satellitari, oggi è divenuta “Autostrada Podesti”, oltretutto senza guard-rail, con rischi impensabili per ogni pedone.
No, cari (troppo cari, ovvero costosi!) amministratori anconitani. Non ci siamo! C’è qualcosa che puzza in questo arcano, in questo assurdo e, peggio, mal gestito stravolgimento della città. Più strana ed inaccettabile l’insensibilità nel raccogliere suggerimenti migliorativi proposti dai vostri “figli”. In una sana famiglia un buon padre lavora per i figli, a favore dei figli. I vostri pargoli non sono del tutto contenti di voi, sembra!
Ribadendo il potenziale vantaggio che ne potrebbe trarre il sottoscritto “residente/pedone” nel vivere Corso Garibaldi, cito semplicemente un suo problema nel momento in cui, il sottoscritto “residente/automobilista”, decide di salire in auto per uscire dalla città.
Lascio immaginare, ai miei amati concittadini, il terrore comparso nella mia mente, l’altro giorno, quando, dopo aver percorso pochi metri dal parcheggio conquistato con tanta fatica ore prima quale residente in via Matas, mi sono accorto che avevo lasciato il cellulare a casa e quindi - considerato che con la “bestia” ci lavoro - dovevo assolutamente rientrare per recuperarlo. Ecco iniziato il “Gioco dell’Oca”: non potendo contare sul libero arbitrio nella scelta di strade alternative o solo costeggiare l’auto per pochi secondi, ho dovuto fare un giro completo della città passando per la Galleria S. Martino e beccarmi una fila da casello dell’Autosole per ritornare in via Matas dove, logicamente, non sono riuscito a trovare un maledetto piccolo spazio per parcheggiare. Cosa avrei dovuto fare: andare in un parcheggio scambiatore? Mica sono pazzo! Ho preferito lasciare il cellulare a casa! Tralascio le parolacce, impropèri, fulmini e saette che ho lanciato! E, badate bene, non ero il solo a sbracciare, urlare, inca…volarsi dentro l’auto. Chissà quanti sfigati stavano girando il “cartellone” da ore.
No, cari concittadini o cari amici che entrate in centro per lavoro o che venite per visitare Ancona, il “grande” capoluogo marchigiano: Ancona non è più facilmente fruibile, né per chi ci vive né per chi vorrebbe viverla, magari solo per qualche minuto con una semplice “incursione mondana”, magari proprio in Corso Garibaldi! Ancona non è più facilmente vivibile se consideriamo anche l’aumento degli scarichi di anidride carbonica in aumento nelle aree “non Corso Garibaldi” (tutta imperniata in questa via l’attenzione dei Verdi?).
Nel malcontento generale (qualche eccezione a parte... o di parte?), Ancona sta perdendo la partita sul “tabellone” regionale rivolto al turismo. Certamente non per una sacrosanta area pedonale, ma per il suo caos viario, imputabile ad una assurda impostazione, nonché per la scarsità di servizi offerti ed un’immagine non tanto precisina (vedi Piazza Cavour) o per le sue assurdità urbanistiche (vedi Piazza Pertini o Piazza d’Armi)... ma queste sono storture di un’altra storia!
Non vorrei dare l’idea di un sovversivo, di chi non ama la sua città o la pedonalizzazione dei centri storici: viaggio molto e conosco centinaia di realtà nazionali, ben gestite, gradevoli da vivere e giustificate. Ma Ancona, per la sua morfologia e per una rete stradale limitata, vive la sua viabilità attraverso due sole strade: Corso Garibaldi e Corso Stamira. Chiuderne una ha significato dare una serie di problemi alla città, nettamente superiori ai vantaggi inscrivibili alla pedonalizzazione di un centro “storico”, e Corso Garibaldi di storico non ha proprio nulla.
Chi scrive, abita, lavora, produce e vive da sempre in questa città. La ama tanto da non avere avuto mai il “coraggio” di lasciarla per lidi più appetibili. Conosce la storia recente ed antica di questo meraviglioso “gomito” italiano. Ma, chi scrive, è dolorosamente spaventato dalla rassegnazione del popolo anconitano, dal suo accettare ed assimilare comportamenti e gestioni non “intelligenti” di alcuni. Da tempo, su molti fronti, gli anconitani sembrano inermi verso un comportamento “dittatoriale” di un’amministrazione non attenta alle grida di scontento unanime dei cittadini, ricordiamolo, unici “padroni” della loro città.
Rivolgiamoci all’amministrazione tutta, senza sfogare - come è uso comune fare - il personale malcontento sul solo Signor Sindaco (anche perché non è possibile immaginare che un’unica mente possa maturare macroscopici difetti in una microscopica città come lo è Ancona: “ce ne vole de fantasia!”). Appelliamoci all’intelligenza, umiltà e buon senso di questa amministrazione, chè lavori al meglio con e per quanti hanno dato loro il “mandato di rappresentanza”.
Vogliamo mantenere la zona pedonale al centro? Va bene! Ma variamo la viabilità che è zeppa di elementari deficienze.
Fondamentalmente, cari anconitani, ognuno ha ciò che merita! Noi, sicuramente, ci meritiamo di essere fredde pedine di un cartellone del “Gioco dell’Oca”!
Ma a me non piace perdere... in questo caso la mia amata città!